Il termine "diritto alimentare" è ancora estraneo al lessico dei giuristi e ciò crea una difficoltà sostanziale nella definizione e nel successivo inquadramento della disciplina. Per questo motivo si rende necessaria una certezza giuridica che ruoti intorno alla materia alimentare e ciò si giustifica alla luce della notevole importanza che essa riveste sul piano economico, in quanto è senza dubbio uno dei pochi settori che riguardano direttamente tutti i cittadini.
La mancanza di omogeneità, unita alla frammentazione degli interventi normativi in materia alimentare, non era stata in grado di conferire al diritto alimentare quella autonomia propria di una disciplina, ma lo aveva rappresentato come una materia compresa nelle diverse discipline giuridiche e ne aveva articolato i contenuti intorno ad una serie di principi e normative giurisprudenziali.
Il diritto alimentare è dotato di una forza espansiva talmente grande da aver saputo porre le basi di una vera e propria dottrina giuridica indipendente.
Non è stato nemmeno contemplato nel Trattato che ha istituito la Comunità Europea il quale si limitava a precisare la politica agricola ed i prodotti alla stessa annessi. Già da questo momento le definizioni di filiera e di impresa alimentare descritte nel Regolamento europeo, consentono il passaggio ad una fase di presa di coscienza di autonomia del diritto alimentare.
Però, nonostante la presenza di riferimenti normativi in materia, non vi è stato uno sviluppo di principi fondamentali: nell'ambito di queste sub-materie, il particolare carattere della materia non può prescindere da una adeguata conoscenza dello stato della ricerca scientifica circa l'affidabilità e la qualità dei prodotti alimentari.
In tal senso un contributo importante è stato fornito dal progresso scientifico, dalla reale impossibilità di regolazione delle situazioni di rischio causate dall'uomo.
I giuristi si trovarono ad avere a che fare con le più rilevanti questioni giuridiche rappresentate dalla liceità dell'intervento scientifico e dalla difficoltà normativa di regolamentazione e prevenzione del rischio.
E pure sarà proprio l'eterogeneità delle fonti normative in materia alimentare a destare uno spiccato interesse.
Ciò in quanto la grande area del diritto alimentare consente uno sviluppo anche a livello nazionale della materia, che trova le sue garanzie nell'applicazione di fondamentali e consolidati principi di diritto dell'Unione Europea che, accanto ai doveri comunitari di armonizzazione, mutuo riconoscimento e libera circolazione delle merci, sottolinea l'importanza fondamentale del principio di precauzione.
Questo principio venne usato per la prima volta nella Conferenza ONU sull'ambiente umano , mentre si procedeva all'analisi del c.d. "Sviluppo sostenibile" e la relativa opportunità di intraprendere azioni tenendo conto non solo degli obiettivi di sviluppo economico del mondo ma anche ponendosi come obiettivo imperativo dell'umanità quello di difendere e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future, ma la vera consacrazione la trovò nell'articolo 15 della Dichiarazione di Rio del 1992.
Era nato per prevenire danni ambientali ed offrire un sostegno importante alla prevenzione consentendo di anticipare l'intervento di tutela dell'ambiente ponendo in essere azioni difensive nel momento in cui il danno si era già manifestato.
Operando attraverso una notevole attività di monitoraggio di iniziative potenzialmente capaci di produrre danni, si pone come scopo quello di annullare il rischio del pericolo.
Il principio di precauzione rappresenta l'unica regola di condotta da attivare in presenza di un rischio possibile anche se non certo e soprattutto verificato.
C'è anche da dire che dalla nascita della Comunità Europea la liberalizzazione degli scambi commerciali è stata uno degli obiettivi primari, ma l'aggettivo igienico non era sentito come una necessità primaria: prevaleva infatti l'urgenza della quantità sulla qualità.
Di questo principio si parlava già nel Trattato CE all'articolo 174 ma lo si collocava nell'area dedicata alla tutela ambientale. Tale principio assumeva una portata generale anche aldilà dei dibattiti giurisprudenziali circa la sicurezza degli alimenti prodotti mediante tecniche di ricombinazione genetica fino a giungere, nel Regolamento CE 178 del 2002, alla sua consacrazione.
Tale regolamento dispone l'obbligo, in tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione, di rintracciare gli alimenti, i mangimi e gli animali destinati alla produzione alimentare e qualunque altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A questo scopo, coloro che operano nel settore alimentare, devono poter individuare chi abbia loro fornito un alimento e devono disporre di strumenti capaci di identificare le imprese che hanno fornito i propri prodotti. Il testo individua gli obiettivi da perseguire nella politica comunitaria quali la salvaguardia, la tutela, il miglioramento della qualità dell'ambiente, la protezione della salute umana, l'utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturali i quali consentono di individuare le linee guida intorno alle quali deve essere sviluppata l'azione di tutela.
Una delle parti maggiormente interessanti del suindicato testo normativo è dato dalla definizione di alimento contenuta nell'articolo 2 che così recita: "ai fini del presente regolamento si intende per alimento (o prodotto alimentare o derrata alimentare), qualsiasi sostanza o prodotto trasformato o non trasformato destinato ad essere ingerito o di ci si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito da esseri umani".
La portata innovativa del principio di precauzione in tema di diritto alimentare è visibile nell'art. 5 nel quale vengono espressamente indicati gli obiettivi generali della legislazione alimentare. Tali obiettivi, consacrati nei principi fondamentali , si compongono di nuove regole per la sicurezza con le quali il legislatore comunitario ha inserito nell'ordinamento dell'Unione Europea le norme generali volti a gestire l'attività normativa in materia di alimenti, dando vita alla prima di una serie di riforme avanzate dalla Commissione a seguito dei lavori sulla sicurezza alimentari.
Attraverso il dovere degli Stati dell'Unione Europea di recepire sia i principi che i criteri direttivi, il legislatore italiano ha effettuato un riordino della normativa all'interno del decreto legislativo 152/2006.
L'articolo 301 del Testo Unico Ambientale offre una definizione del principio in esame anche senza definire in modo chiaro il concetto, getta le basi per l'individuazione dei presupposti al fine di esercitare una azione precauzionale che consiste nell'adottare mezzi idonei a gestire un'emergenza che potrebbe rivelarsi rischiosa.
Con il principio di precauzione le Istituzioni sia nazionali che comunitarie, possono "adottare tali misure senza che siano effettivamente dimostrate gravità e realtà del rischio": il "potenziale livello di rischio permette la qualificazione dell'intervento come dotato di un alto grado di probabilità di danneggiare l'ambiente e la salute umana.
Attraverso una interpretazione meno limitata del termine, si è arrivati ad una definizione di salute molto più ampia, tanto da definirla "uno stato di benessere fisico , mentale e sociale", quindi con attenzione al benessere del soggetto in un ambiente salubre, alla fruibilità dei servizi minimi sufficienti per l'integrità fisica e sociale dell'ambiente, consentendo l'applicazione del principio precauzionale oggi trasposto in norma giuridica.
In questa ottica il principio di precauzione si pone come fondamento essenziale per una più completa tutela della salute umana e dell'ambiente e impone un controllo del rischio potenziale derivante dall'immissione deliberata nell'ambiente di OGM.
La valutazione e la gestione del rischio sono imposti per la prevenzione di patologie animali ed umane vengono imposte per prevenire certe patologie.
Pur tuttavia i dubbi interpretativi ed applicativi più volte sollevati, sono creati dalla mancanza di una nozione del diritto alimentare che si accompagna alla difficoltà del principio di precauzione quale filo conduttore della disciplina degli OGM.
Pertanto, definire il concetto di diritto alimentare, porterà alla tutela della situazione giuridica soggettiva di riferimento nonché alla valutazione della risarcibilità dell'interesse medesimo.
Nell'ordinamento italiano non si trova una norma in grado di fornire una definizione del principio di precauzione, ma soltanto l'art. 107 del Codice del Consumo e dall'art. 301 del Testo Unico Ambientale: il primo opera un richiamo al principio in materia di controllo sulla sicurezza dei prodotti immessi sul mercato; il secondo stabilisce che "le amministrazioni competenti, nell'ambito delle misure adottate sulla base del principio di precauzione, e senza maggiori oneri per la finanza pubblica, incoraggiano e favoriscono l'azione volontaria dei produttori e dei distributori di adeguamento agli obblighi imposti dal presente titolo, anche mediante l'eventuale elaborazione di codici di buona condotta ed accordi con le categorie di settore".
Del principio di precauzione, si è occupata anche il Consiglio di Stato precisando, in una pronuncia, che lo stesso postula"l'esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l'ambiente, ma non richiede l'esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre".
La pretesa dedotta in giudizio riguardava la circostanza che in Italia potessero coltivarsi organismi geneticamente modificati. La scienza non può sfuggire al diritto e proprio per questo motivo, l'impatto di queste discipline nella vita ambientale ha portato all'adozione di interventi legislativi importanti che hanno portato a definire la disciplina alimentare.
Il carattere giuridico riguarda comunque il diritto alla salute, disciplinato dall'art. 32 della Costituzione, e si apre ad una notevole quantità di discipline scientifiche, sociali ed economiche. L'interesse del Consiglio di Stato si era concentrato sul principio di precauzione, nato in Germania nell'ambito delle normative ambientali.
Ed è stata appunto l'imprevedibilità degli effetti dannosi causati dagli OGM a condurre all'applicazione del principio di precauzione.
Il Consiglio di Stato riteneva come il mantenimento della coltura degli OGM senza adeguate misure di gestione, violasse l'applicazione del principio di precauzione, in quanto non tutelava sufficientemente l'ambiente e la biodiversità.
Il testo unico ambientale contiene nella sua parte sesta le norme in materia ambientale risarcitoria contro i danni all'ambiente.
Il tema della sicurezza alimentare ha attirato l'attenzione delle Istituzioni e dei consumatori, assumendo portata e dimensioni internazionali. Secondo una corrente di matrice americana è obbligatoria una etichettatura ulteriore per gli alimenti geneticamente modificati in presenza di specifici pericoli per la salute collegati alla immissione dell'organismo esogeno, ponendo in luce il profondo legame tra sicurezza e dovere informativo.
Successivamente, l'articolo 7 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 178/02/CE, in materia di sicurezza alimentare europea, consente l'adozione di misure di misure provvisorie in attesa che l'incertezza scientifica porti alla fissazione di nuovi principi.
Queste misure devono possedere due requisiti fondamentali: la proporzionalità come restrizione dell'attività commerciale e la provvisorietà quale esigenza di riesaminare entro un certo periodo di tempo le misure adottate, collegandole al rischio potenziale per la vita e la salute delle innovazioni scientifiche. Nonostante questo, ci troviamo di fronte ad uno stato di incertezza notevole, che determina ricadute pesanti nell'ambito della responsablità con conseguente rallentamento della ricostruzione dell'apparato risarcitorio relativo alla sicurezza alimentare. Eppure la sicurezza alimentare è un tema molto attuale e questo aspetto è testimoniato dal Regolamento 178 del 2002 integrato dal regolamento 765 del 2008 fondato sul principio precauzionale e sulla necessità di certezza in materia alimentare, che getta le basi per la costruzione di un vero e proprio diritto alimentare.
Il suindicato testo normativo ha reso obbligatoria, dal 1 gennaio 2005, la rintracciabilità agro alimentare, in considerazione del fatto che la "libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici". L'aspetto innovativo del suindicato intervento legislativo, propone la realizzazione dei seguenti obiettivi:
1) Aumento del grado di sicurezza degli alimenti con la copertura legislativa di tutte le attività correlate alla produzione e distribuzione "from farm to table";
2) Identificazione e successiva definizione delle responsabilità dei soggetti che sono coinvolti nel processo di sicurezza alimentare;
3) Istituzione di attività di controllo e supervisione da parte dell'Autorità sanitaria;
4) Attività informativa rivolta ai consumatori (relativamente alle caratteristiche dei prodotti alimentari) e all'Autorità di controllo (al fine di rimediare ai rischi ed eventualmente permettere il ritiro del prodotto)
5) Istituzione della rintracciabilità ai fini sanitari;
6) Semplificazione ed armonizzazione della normativa in vigore Il regolamento definisce con il termine "alimento" qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani". Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all'articolo 6 della Direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CE e 98/83/CE. L'aspetto più importante di questo disposto normativo è costituito dall'individuazione del principio di responsabilità.
L'articolo 4, stabilendo i principi di sicurezza degli alimenti, impone di prendere in considerazione non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell'alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti. Gli articoli successivi enunciano il principio di responsabilità per danni da prodotti difettosi, gli obblighi relativi a mangimi ed alimenti, usando il termine liability per "indicare la responsabilità civile quale presupposto per la pretesa risarcitoria". Ciò ci porta alla nozione di "sicurezza alimentare" che si compone di due aspetti importanti e cioè il "food security" e il "food safety". Con il primo termine ci si riferisce alle derrate alimentari necessarie a soddisfare il bisogno naturale ed irrinunciabile dell'uomo di alimentarsi per vivere; il secondo termine si pone il problema della sicurezza delle derrate alimentari sotto il profilo igienico-sanitario.
Già il World Food Summit del 1996 aveva identificato la sicurezza alimentare come "situazione in cui tutte le persone , in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana" (FAO 1996) Comunque, a livello internazionale, esistono molte fonti che testimoniano il riconoscimento da parte della comunità internazionale del diritto alimentare e lo riconducono nell'area dei diritti fondamentali dell'uomo. La prima fonte è costituita dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo del 1948, la quale, all'art. 25, primo comma, così statuisce:"Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione…". Il suindicato principio è stato espresso anche nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali che è stato adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed è entrato in vigore il 23 marzo 1976. Nell'articolo 11 di questo testo è stabilito che: "Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia che includa alimentazione, vestiario ed alloggio adeguati…". Lo stesso articolo dispone inoltre che: "Gli Stati parti del presente Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame, adotteranno, individualmente e attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e fra queste anche programmi concreti, che siano necessarie:
a) per migliorare i metodi di produzione, di conservazione e di distribuzione delle derrate alimentari mediante la piena applicazione delle conoscenze tecniche e scientifiche, la diffusione delle nozioni relative ai principi della nutrizione, e lo sviluppo o la riforma dei regimi agrari, in modo da conseguire l'accrescimento e l'utilizzazione più efficace delle risorse naturali;
b) per assicurare un'equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai bisogni, tenendo conto dei problemi tanto dei paesi importatori quanto dei paesi esportatori di derrate alimentari".
In questa disposizione si appalesa la forte correlazione di esigenze, interessi e problematiche che nasce dal riconoscimento del diritto alla libertà della fame cioè al diritto alla sicurezza alimentare. Di sicurezza alimentare si parla anche nella Carta Costituzionale della Bolivia, la quale all'art. 16 dispone che: "I. Ogni persona ha diritto all'acqua e all'alimentazione. II.
Lo Stato ha l'obbligo di garantire la sicurezza alimentare, tramite un'alimentazione sana , adeguata e sufficiente per tutta la popolazione". Anche la Costituzione Politica dell'Ecuador all'art. 13 riconosce alle persone e alla collettività il diritto di accesso sicuro e permanente a alimenti sani, sufficienti e nutrienti, preferibilmente prodotti localmente e conformemente alle loro diverse entità e tradizioni culturali. Nella Costituzione del Sudafrica, precisamente all'art. 27 si dice che "tutti hanno il diritto di avere accesso a sufficiente alimentazione e acqua".
Questi testi pongono in evidenza la relazione tra i diritti che vengono riconosciuti ai singoli e i doveri che gravano sugli Stati ai quali gli stessi individui e gruppi appartengono. La Costituzione dell'Ecuador pone tra i doveri fondamentali dello Stato che costuiscono il reciproco dei diritto fondamentali riconosciuti, il dovere di garantire senza discriminazione il godimento effettivo dei diritti stabiliti dalla Costituzione e dagli strumenti internazionali, in particolare l'educazione, la salute, l'alimentazione, la sicurezza sociale e l'acqua, ai suoi abitanti. A livello europeo questo riconoscimento manca, nonostante il Testo Unico dell'Unione Europea includa dal 1992 nel diritto dell'Unione in quanto principi generali, i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni comuni agli Stati membri Tuttavia, nonostante il richiamo fatto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, questo diritto non viene contemplato nel contenuto normativo della Convenzione che dà maggior spazio ai diritti alla vita, alla libertà, alla sicurezza, ad un equo processo, al rispetto della vita privata e familiare. Spesso però le normative non contemplavano il diritto all'alimentazione in modo esplicito, ma questa mancanza si palesava soltanto dal punto di vista formale in quanto il diritto si ricavava dal riconoscimento del diritto alla vita in quanto non si può garantire la vita se contestualmente non si riconosce ad ogni individuo il diritto ad alimentarsi. Tale diritto trova adeguato riscontro in ambito europeo in una serie di recenti atti normativi, che confermano strumenti giuridici.
A questo punto ci si pone il problema della circolazione degli alimenti. Questa tematica era già stata affrontata nel Regolamento CE n. 178 del 2002 che racchiude i principi della legislazione alimentare affermando che: "La libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini , nonché ai loro interessi sociali ed economici".
Tra la libera circolazione delle merci e la salute umana, vi è un legame molto forte che si evince anche dall'art. 5 del succitato regolamento, il quale individua, tra gli obiettivi generali della legislazione alimentare, l'elevato livello di tutela della vita e della salute umana, la tutela degli interessi del consumatore, inclusa la tutela della salute e del benessere degli animali, della salute dei vegetali e dell'ambiente. Nel secondo comma di questo articolo,si fa menzione dell'obiettivo della libera circolazione degli alimenti immessi sul mercato, facendo leva sulla conformità ai requisiti di carattere generale stabiliti nel Regolamento medesimo. La priorità degli obiettivi legati alla realizzazione degli interessi personali rispetto a quelli economici, costituisce la chiave di lettura del principio di precauzione, che costituisce la linea di demarcazione della libera circolazione di prodotti alimentari sul territorio dell'unione.
Nonostante il diritto alla sicurezza alimentare non abbia ricevuto dal diritto europeo un riconoscimento specifico a livello costituzionale, c'è però una preoccupazione dei legislatori per la salvaguardia di tale diritto. A prova di ciò, vi è il fatto che la Commissione Europea, nell'esercizio del potere di iniziativa legislativa, esercitando il potere di iniziativa legislativa, ha posto la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare ponendo in evidenza come la produzione di derrate alimentari rappresenti la destinazione primaria dell'agricoltura. Il Regolamento n. 178 del 2002, che ha stabilito i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, ha istituito l'Autorità Europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, che come indicato nell'art. 2. "Offre consulenza scientifica e assistenza scientifica e tecnica per la normativa e le Politiche della Comunità in tutti i campi che hanno un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi. Questa Autorità si compone dei seguenti organi:
1) Consiglio di Amministrazione;
2) Direttore esecutivo con relativo personale;
3) Un foro consultivo
4) Un comitato scientifico e gruppi di esperti scientifici Tale Autorità costituisce un punto di riferimento scientifico indipendente nella valutazione del rischio e gode di una notevole indipendenza giustificata anche dal fatto che la stessa è chiamata ad assicurare valutazioni di rischio svolte in modo indipendente, obiettivo e trasparente.
L'indipendenza dell'autorità è considerata indispensabile per garantire la sicurezza e la fiducia dei consumatori. L'Autorità svolge la funzione di fornire informazioni indipendenti in tutti i campi che hanno incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, e di raccogliere dati che consentono di analizzare, controllare e valutare i rischi relativi. Come seconda funzione contemplata dalla normativa istitutiva, svolge anche una consulenza scientifica per la sola Commissione, le Istituzioni Comunitarie e i Paesi membri, nonché assistenza tecnica e scientifica per la sola Commissione. I pareri dell'Autorità costituiscono la base scientifica per l'elaborazione e la adozione di misure comunitarie nelle materie di sua competenza.